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Lo
stile catalano-aragonese della città antica emerge continuamente: nelle vecchie
mura, nelle chiese, nelle abitazioni signorili come in quelle più umili.
L'impronta ha le sue radici in una data ben
precisa: 22 dicembre 1354. Fu quello il giorno in cui Alghero, assediata dai
catalani da ben 6 mesi, su ordine del Giudice Mariano d'Arborea si arrese e aprì
le porte al Re Pietro IV "il cerimonioso", il quale pur di ottenere la città
firmò un trattato che prevedeva la rinuncia a moltissimi altri possedimenti in
Sardegna.
L'ingresso del Re pose fine per sempre alla
dominazione genovese, durata circa 250 anni, e solo dopo pochi giorni iniziò
l'evacuazione degli abitanti, sostituiti da cittadini inizialmente provenienti
da Panades (oggi Penedés) e Tarragona. Tra di essi anche la prima colonia
ebraica.
Il dominio catalano terminò nel 1478 con il
passaggio agli spagnoli ed in particolare al Re Ferdinando II di Castiglia,
detto "il Cattolico", che la acquisì grazie al matrimonio con la cugina Isabella
d'Aragona. Il loro regno fu segnato dall'infausto decreto del 30 marzo 1492, a seguito del
quale vennero espulsi dai due regni tutti gli ebrei, ma anche dalla politica di
potenziamento di Alghero, la quale venne elevata al rango di "città" nel 1501 e anche grazie al loro interessamento
il 26 novembre 1503 il Papa Giulio II firmò la bolla di istituzione della nuova
e vastissima diocesi di Alghero, nata dalla fusione di altre
tre (Castro, Bisarcio e Ottana) e lo scorporamento del territorio di Alghero con trasferimento della sede vescovile
da Ottana
ad Alghero.
Il dominio spagnolo finì il 17 febbraio
1720, quando Filippo V firmò a malincuore la cessione a Vittorio Amedeo II di
Savoia.
Oggi non vi è dubbio che l'impronta più
marcatamente evidente sia quella del periodo catalano-castigliano: una passeggiata nei vicoli
meno trafficati, quelli che non brillano grazie alle luci delle vetrine, è in
grado di far respirare la magia della storia, facendo scordare che, in fondo,
questa resta una porzione di Sardegna e d'Italia.